martedì 24 aprile 2012

La lettera di Vittorio Sgarbi al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Scrive del suo impegno in Sicilia.

Riportiamo il testo integrale della lunga lettera che Vittorio Sgarbi ha scritto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, per lo scioglimento del comune di Salemi.

«Caro Napolitano, 
dopo più di 20 anni di conoscenza e di Parlamento comune (io ero in aula quando tu, giustamente, hai respinto l’assalto, arbitrario, della Guardia di Finanza, inviata da un improvvido magistrato) e dopo sempre luminosi incontri, per ragioni d’arte od occasioni politiche e culturali, temo che i nostri cordiali e, permettimi, anche affettuosi rapporti, non potranno più essere gli stessi.
Tu, infatti, non posso credere distrattamente, giacché sei il Presidente della Repubblica, hai sciolto il Comune di Salemi per infiltrazioni mafiose. Tu hai firmato.


Con quell’atto, io, tu, la Sicilia, l’Italia, abbiamo subito una violenza inaudita da parte di chi ha prospettato, contro la Costituzione, contro la democrazia e contro la verità, una rappresentazione assolutamente falsa dei fatti avvenuti in quella città in circa 3 anni della mia effettiva sindacatura, due dei quali trascorsi a preparare la città per il tuo arrivo. Ti diranno che hanno fatto indagini scrupolose, che hanno trovato prove. E ti mentiranno. Hanno semplicemente chiamato mafia la politica che tu hai visto e con cui ti sei misurato nella Prima e nella Seconda Repubblica. In rapporto tra le maggioranze elette e gli esponenti politici locali, nella più tradizionale dialettica, nient’altro.

Tu sei venuto e hai visto la città, le cose che ho fatto, l’entusiasmo dei cittadini e i festeggiamenti dei ragazzi, denunciando anche davanti a te, nel discorso ufficiale per il 150° dell’Unità d’Italia, le infiltrazioni della mafia.
Ti sei affacciato con me, con il ministro della Difesa e con altre autorità dal balcone dal quale Garibaldi vide l’Italia unita e indicò idealmente Salemi come capitale di un sogno divenuto poi realtà. Una bella lapide ricorda il tuo passaggio.
Tutto quello che è accaduto a Salemi, ed è stato esaltante, e tutti i giornali e le televisioni del mondo lo hanno raccontato, non può essere in alcun modo ricondotto alla mafia.

Le cose che sono state fatte, oltre quelle che hai apprezzato in circa 3 ore di visita appassionata, sono state moltissime, e tutte all’insegna della rinascita culturale, contro ogni resistenza politica e culturale locale: la realizzazione del Polo Museale con annessi il Museo della Mafia, del Paesaggio e del Risorgimento; il Festival del Cinema Religioso; il Festival della Cultura Ebraica; il Festival della Letteratura; il Festival di musica jazz; decine di presentazioni di libri, seminari e convegni con i più importanti autori della letteratura e del giornalismo italiano; l’allestimento di mostre in collaborazione con prestigiose istituzioni come il Festival di Spoleto e la Fondazione Magnani Rocca; l’esposizione al pubblico, per la prima volta in Sicilia, di capolavori di Caravaggio, Rubens, Guercino, Picasso, Modigliani, Lotto; le battaglie per la difesa dei diritti civili a sostegno del Tibet invitando a Salemi il Presidente del Parlamento in esilio, Dolma Gyari; le battaglie per la difesa del Paesaggio, denunciando le infiltrazioni della mafia – le sole che ho visto – nel business delle rinnovabili; la partecipazioni di Salemi ad importanti iniziative in Italia e all’estero, da Israele al Canada, promuovendone l’immagine ed ottenendo in soli due anni un riscontro di presenze turistiche straordinario; la costituzione di un laboratorio di giovani creativi che ha partecipato a stage in diverse discipline artistiche; la realizzazione di «Benedivino», la più importante iniziativa di promozione del vino siciliano di cui si è parlato anche all’estero; la riproposta del «Marsala» offerto a Londra al Principe Carlo; le mostre della Biennale d’arte di Venezia ospitate a Salemi; il progetto delle «Case a 1 euro», il cui iter amministrativo si è concluso pochi giorni prima le mie dimissioni da sindaco. E numerose altre iniziative in cantiere ma bloccate da chi, inventandosi una mafia che non c’è, ha ucciso un sogno che era diventato un modello.

Nessun comune ha fatto tanto davanti alla attenzione del mondo con così limitate risorse. Io ho fatto e ho innalzato il nome di Salemi rivelandone la tradizione e la storia, anche ai tuoi occhi. Questa è la sola antimafia che io posso concepire.
Uomini infedeli dello Stato hanno voluto chiamare mafia – sulla base dell’indagine che ha investito un ex deputato regionale, Giuseppe Giammarinaro, non diversamente da tanti esponenti della politica siciliana, dall’ex all’attuale Presidente della Regione, dall’ex ministro dell’Agricoltura, ora segretario di un partito politico, all’ex assessore regionale ai Beni Culturali, tutti politici attivi – quello che, nel mondo più inoffensivo e trasparente, si chiama politica. E io non ne ho avuto paura. E ho ascoltato, discusso, valutato, deciso, in assoluta autonomia, in assoluta libertà e con grandi risultati, che tu in parte hai visto. E ognuno di quei politici ha fatto e fa quello che solo a Salemi viene ritenuto un crimine. E solo a Salemi l’esercizio della democrazia, la presentazione di liste, l’attività politica vengono chiamate «regia occulta». Nessuna proposta, nessuna richiesta, sono state fatte attraverso pressioni o arbitri, nell’assoluta autonomia di un’amministrazione che non subiva alcun condizionamento politico, altro che mafioso.

Ora vedo quell’esperienza umiliata, vilipesa, infangata. E leggo te firmare un decreto che si basa su ricostruzioni prive di ogni riscontro, senza alcun rilievo penale per quello che riguarda i soggetti politici legittimati dal voto, frutto di fantasiose ricostruzioni di un maresciallo dei carabinieri che tutto vedeva e tutto sapeva da almeno 15 anni e non ha mai prospettato alcun profilo di pericolosità nel politico locale che ha «politicamente» e legittimamente influenzato tutte le amministrazioni precedenti la mia.
Ricostruzioni fantasiose di un maresciallo dei carabinieri, sorprendentemente e supinamente riprodotte nelle relazioni del prefetto di Trapani, Marilisa Magno, e nella relazione di ispettori della Commissione di accesso agli atti, che non mi hanno mai richiesto di spiegare quello che poteva sembrare equivoco, che hanno agito per sentito dire su intercettazioni relative a un’inchiesta in corso, non per mafia, sul suddetto politico locale, criminalizzandolo in modo arbitrario e stupefacente, anche solo per avere cercato (sic), contro la mia volontà, di realizzare, gratuitamente, durante le feste di Natale, uno spettacolo nelle scuole materne nel piccolo teatro: queste sarebbero le infiltrazioni mafiose.

Con oscuri riferimenti a chissà quali irregolarità nell’affidamento di un terreno confiscato alla mafia, che io volevo attribuire a Slow Food (che pretendeva però 50 mila euro non disponibili nelle casse comunali) e che è stato affidato a un’associazione che ha visto confermato il suo titolo con una sentenza del Tar successiva allo scioglimento del Comune. Contraddizioni dello Stato ? No. Falsificazioni, prepotenze di ispettori prevenuti e di un prefetto superficiale, imbevuti di luoghi comuni e incapaci di vedere la rivoluzione culturale in atto, impermeabile a ogni influenza, anche legittima.

Con l’incredibile e inimmaginabile leggerezza del Ministro dell’Interno, da me informato e sollecitato ad approfondire la situazione reale di Salemi, senza pregiudizi (che sono colpa grave se verranno riconosciuti, come spero, dal Tar, presso il quale ho fatto ricorso) fino al giorno prima della decisione del Consiglio dei Ministri, e che ha firmato un provvedimento con ricostruzioni documentatamente false.
Non sarei a prospettarti questo inquietante scenario se non fossi assolutamente certo di quello che dico e della violenza che la città ha patito con la sospensione della democrazia attraverso un atto ingiusto.
La democrazia non si commissaria, soprattutto attraverso una legge che, come tu avrai osservato, risale a un’epoca in cui i sindaci venivano eletti dai consiglieri comunali e non direttamente dal popolo.

Io non ho subito, consapevolmente (e, voglio credere, neanche inconsapevolmente) alcuna pressione.
La terribile sensazione d’impotenza e di violenza, quando non la mafia, ma l’antimafia condiziona la vita civile di un paese – come è accaduto e sta accadendo – stabilisce chi si debba e non si debba candidare, al di là dei reati che ha compiuto, e delle condanne che ha subito, è umiliante e intollerabile.
Dopo questa lettera io procederò a denunciare il Prefetto di Trapani e il ministro dell’Interno. Come ho già fatto, senza risotoro, con il maresciallo dei carabinieri e il Questore. Per quello che ho visto, e che anche tu con la tua firma hai avallato, per l’infamia che avete, senza rispetto della verità e del mio tenacissimo impegno, attribuito alla città, posso dire, come avevo già sospettato in altre aberranti circostanze, che in Italia non c’è giustizia. Ma avrei desiderato, essendo stati parlamentari insieme, con onestà e impegno, in tempi di aggressione giudiziaria alla politica, di essere sentito da te, interpellato, dopo avere invano prospettato la situazione a un ministro inane.

E’ anche per questo che, nelle mie funzioni istituzionali di Alto Commissario per il Restauro della Villa Romande del Casale a Piazza Armerina, ti chiedo di non essere presente all’annunciata riapertura al pubblico dell’insigne monumento il 24 maggio, come è stato ipotizzato, sia perché il cantiere non è chiuso e l’inaugurazione è una illusione dopo anni di straordinari e impegnativi lavori, non terminati per esaurimento di fondi, ma anche per evitare di incontrare un uomo, che tu hai voluto umiliare, affiancando la sua opera esaltante a Salemi, all’azione della mafia.

E, d’altra parte, non ti sfuggirà, che non sapresti da che parte voltarti, perché sarebbe al tuo fianco un presidente della Regione di cui è stato chiesto il rinvio a giudizio per mafia, o qualche suo assessore che ha partecipato a riunioni di giunta con un presunto mafioso. Molto peggio di quello che, contro la verità, ti è stato prospettato per Salemi, inducendoti a compiere un atto profondamente sbagliato. Che io sul piano umano, politico e personale, non ti posso perdonare.
Con molto rimpianto»
Vittorio Sgarbi






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